È tutta una questione di tappo?
È la bottiglia a scegliere il tappo, o il liquido a richiedere un determinato tappo?
Sughero per vino, corona per birra, DOP per olio, questi i più consueti ma non scontati abbinamenti tappo-contenuto. Ma esiste davvero una correlazione fra la scelta del tappo giusto e il contenuto della bottiglia?
Certamente quando si parla di vino il tappo in sughero rappresenta la scelta più comune ma anche la più storica. Il sughero, che era conosciuto come strumento per “sigillare” già ai tempi di greci e romani, inizia la sua storia con il mondo dei vini intorno alla metà del diciassettesimo secolo quando viene usato per la tappatura dello champagne su intuizione del monaco Pierre Dom Pérignon. Ma non è l’unica soluzione.
Tappo in sughero o no?
Il tappo in sughero, materiale naturale estratto dalle querce da sughero, è la soluzione preferibile per vini che non necessitano di essere bevuti giovani. Questo perché pur essendo un materiale elastico e impermeabile riesce a far passare un certo livello di ossigeno all’interno della bottiglia, creando le condizioni ottimali per la microossigezione di cui necessitano quei vini che si affinano con il tempo. A differenza di tappi come quello a vite che, sigillando perfettamente la bottiglia e permettendo di preservarne le note fresche e floreali, si presta molto bene ai vini da consumare giovani. Tuttavia non così semplice è la scelta fra uno e l’altro: oltre infatti a esserci una serie di variabili da dover considerare, come ad esempio il tipo di vino e anche il tipo di bottiglia o la variabile “sentore di tappo” dovuta a un fungo presente talvolta nel sughero e responsabile della frase “sa di tappo”, c’è un ulteriore elemento che crea “dubbi” ed è il fattore “culturale”. Spesso infatti si tende ad associare i vini tappati in sughero a vini di alta qualità, al contrario quelli tappatti con tappi stelvin. Ecco che quindi la scelta nel caso del vino può essere dettata non tanto dalla migliore soluzione tecnica per quel caso specifico, ma piuttosto dal pregiudizio verso una tipologia specifica di tappo.
E per birra e olio chi fa la scelta?
Anche la birra è stata a lungo tappata con tappi in sughero, almeno fino a che non è stato inventato il tappo a corona sul finire del diciannovesimo secolo, il quale oggi rappresenta senza dubbio la scelta più diffusa, sia per bottiglie artigianali sia non. Il tappo a corona, riuscendo a sigillare la chiusura, evita il deterioramento del liquido causato invece con una soluzione come quella del sughero, che rendendo possibile la microossigeazione del contenuto, lo farebbe a danno della birra; inoltre con il tappo a corona si evita il problema del sentore di tappo di cui abbiamo detto sopra. Se è vero che tecnicamente i vantaggi sono praticamente gli stessi che si avrebbero per il vino, allora perché nel mondo della birra non ha faticato a primeggiare un tappo diverso da quello tradizionale di sughero? La risposta è probabilmente da ricercare nel retaggio culturale di cui non è vittima quest’ultima. Fintantoché non si è diffusa la “moda” delle birre artigianali, questo tipo di bevanda non godeva della stessa reputazione del vino, che da sempre è considerata una bevanda ricercata e sofisticata, tanto che ci sono blasonate cantine note in tutto il mondo che sono riuscite a fare dell’enoturismo un fenomeno consolidato. Mentre per la birra la strada in questo senso è ancora lunga, anche se si stanno sempre più diffondendo birre “sofisticate”, sia per contenuto sia per packacing.
Altra storia per l’olio. In questo caso l’obiettivo è uno: sigillare quanto prodotto, senza necessità particolari in merito ad affinamento o rifermentazione, pertanto la scelta del tappo è piuttosto semplice e va nella direzione del tappo a vite o del tappo DOP antiriempimento, che è andato diffondendosi maggiormente negli ultimi anni con la finalità di salvaguardare i produttori ma anche i consumatori qualora consumato in esercizi pubblici (è infatti obbligatorio per olio extravergine di oliva portato in tavola), poiché per le sue peculiari caratteristiche permette appunto di ostacolare, rendendolo impossibile, il riempimento della bottiglia una volta svuotata, a salvaguardia del prodotto stesso. In questo caso si potrebbe pensare che la discriminante culturale nella scelta del tappo pur non essendo così radicata come per il vino, si creerà con il tempo, favorita dall’impiego del tappo antiriempimento obbligatorio per l’olio extravergine di oliva.
In questo articolo abbiamo parlato della scelta del tappo, partendo da una provocazione, ovvero se fosse la bottiglia a scegliere il tappo o se fosse il liquido a richiederne uno specifico, la risposta è che la scelta dovrebbe essere dettata da questioni tecniche, ma non sempre è così e ci sono diverse variabili che possono invece influenzarla, fra queste quella della tradizione culturale, che nel caso in cui risulti fortemente radicata può portare a prendere una decisione puramente legata alla percezione che fino a poco prima si aveva avuto di quel determinato prodotto, non considerando la soluzione alternativa.
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